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Valentino Giovannone, attenzione alla pistola ancora carica

Marco Sonzogni

Valentino Giovannone non era un “wops” (without passport) senza passaporto o uno “steerage passengers” passeggero di stiva. Anzi!

L’immagine lo ritrae fiero di sé sul ponte del Piroscafo Re Vittorio intento a concedersi il vezzo di una foto; icona dell’intramontabile “zio d’America”. La nave, con due fumaioli, varata nel 1908 era destinata alle rotte del sud.

Valentino, che fu anche sindaco di Castiglione Ossola, navigava da Genova verso Montevideo in Uruguay. Lì, esisteva una coesa colonia ossolana che nel 1897 sottoscrive una raccolta di fondi per sostenere la costruzione del rifugio Leoni sul Cistella. Con Valentino sottoscrivono anche Gioia Giacomo di Ceppo Morelli e Scaglioni Giuseppe di Calasca. Il quattordici febbraio del 1909 i nostri conterranei inaugurano la Villa Ossolana di Montevideo proprietà della omonima Società Ossolana. La foto di rito ritrae Valentino insieme con 120 persone tra cui molti bambini. A Montevideo abita un suo fratello che il nove maggio 1926 gli invia una fotografia della sua famiglia incorniciata in un elegante pieghevole ricamato che testimonia l’agiatezza raggiunta.

Inaugurazione Villa Ossolana a Montevideo, 14 febbraio 1909

Inaugurazione Villa Ossolana a Montevideo, 14 febbraio 1909

Nei primi anni del novecento salpano dai porti italiani milioni di persone. Nel solo 1913 partono dall’Italia poco meno di novecentomila emigranti. La maggior parte di loro sono “passeggeri di stiva”.
Le navi strutturate per ospitare settecento persone ne caricano più di mille: “Costretti a trascorrere le ore diurne in coperta erano esposti alle piogge, al sole, alle temperature più calde o più fredde a seconda delle latitudini in cui viaggiavano. L’alimentazione era ridotta al minimo indispensabile e su alcune navi la distribuzione dell’acqua potabile era un agente trasmettitore di malattie” - (Storia dei Trasporti Marittimi-Radogna-Ogliari-Rastelli-Spazzapan). La traversata dell’oceano Atlantico durava settimane. In quelle condizioni estreme non mancano i decessi e la sepoltura in mare è una triste consuetudine. Il cadavere, stretto in un lenzuolo, viene gettato in mare. Un tonfo e si chiude il capitolo.

Valentino, che nel frattempo viene insignito del cavalierato del Regno d’Italia, non dimentica la sua terra. Dal lontano Uruguay sostiene la realizzazione dell’acquedotto di Colombetti inaugurato il 28 febbraio 1904.

Un giorno dell’inverno 1931, tornato a Castiglione, si accorge che la vita lo ha messo al muro. Il prevosto lo trova al cimitero esanime su una tomba. Poco distante l’arma e un biglietto. “Attenzione alla pistola ancora carica. Avvisate con cautela mia moglie in gravidanza”. Il vescovo di Novara mons. Giuseppe Castelli scrive al parroco ricordandogli che “secondo le leggi ecclesiastiche deve essere privato della sepoltura religiosa”.

Il prete don Fedele Balzano, al suo primo funerale castiglionese accetta la funzione religiosa caldeggiata dai parenti a patto che: “non vengano esposti manifesti e pubblicati cenni sui giornali, si escludano, benché ex sindaco, autorità, bandiere e scolaresche, non vengano suonate le campane, si tralasci la messa e non si canti una nota”.

Pochi minuti e Valentino chiude il suo capitolo. Poco più del volo dal fianco della nave verso il buio dell’oceano.

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