Il ritorno dello stambecco, oasi Faunistica del Monte Rosa
Nel settembre 1969, a Macugnaga, viene istituita dal Ministero dell’Agricoltura e Foreste, l’Oasi Faunistica del Monte Rosa. La riserva faunistica, che era stata caldeggiata dai cacciatori locali, ha permesso la reintroduzione dello stambecco sulle nostre montagne. Quella di Macugnaga fu la prima area protetta istituita nel Vco. Nel 1991, gli agenti del servizio venatorio hanno censito, nella ristretta cerchia dell’Oasi: 210 camosci; 4 caprioli; 34 stambecchi maschi e 20 femmine.
Il ritorno dello stambecco
Siamo alla fine degli anni '50 quando i cacciatori della sezione di Macugnaga decidono, autonomamente, di creare una zona protetta nell'area intercorrente fra il canalone Marinelli e il rio Roffel. È quella una zona particolare dove le femmine di camoscio procreano e tirano grandi i loro piccoli. Una decina d'anni dopo, visto il buon andamento della "riserva", alcuni cacciatori, fra cui Pierino Corsi e Camillo Lanti, coadiuvati dall'appuntato della Guardia di Finanza Nino Gardenal, propongono l'introduzione dello stambecco. Bisogna però riuscire ad arrivare a contattare e convincere i dirigenti del Parco Nazionale del Gran Paradiso, unici possessori di tali animali.
La strada la trova Nino Gardenal, ne parla all'allora Consigliere Militare del Capo dello Stato, generale Marazzani che è solito villeggiare presso villa Scotti. Il generale Marazzani è amico personale del professor Renzo Videsott, direttore del Parco Nazionale del Gran Paradiso. Nel frattempo, la sezione cacciatori, estende il confine dell'area protetta fino al torrente Tambach, Faderhorn, Corno Rosso. È l'ambiente ideale per lo stambecco. La risposta valdostana non è entusiastica, ma i buoni uffici del generale Marazzani fanno il miracolo. Dopo un sopralluogo tecnico della zona, la direzione del "Gran Paradiso" dà il proprio assenso.
Si recano in Valle d'Aosta: Augusto Pala (altro gran fautore dell'iniziativa), Camillo Lanti e Pino Justi. I guardaparco, gelosi dei loro animali, tendono un tranello ai macugnaghesi, ma Camillo Lanti li ferma e dice loro: "Da noi è risaputo che per poter vedere aumentare la specie, ci vogliono maschio e femmina perciò non state a darci solo maschi!". Una stretta di mano e, il 30 maggio 1969, sono portati a Macugnaga, un giovane maschio e una femmina di quattro anni in stato di gravidanza che sono liberati poco oltre l'abitato di Pecetto.
La sera del 23 giugno scatta la seconda "operazione stambecchi". Il professor Renzo Videsott telefona all'ingegner Augusto Pala. I cacciatori macugnaghesi avevano già tutto pronto e così, il 24 giugno alle tre del mattino, partono alla volta di Cogne. La direzione della spedizione è ancora affidata ad Augusto Pala. Ci sono poi: Fioravanti Carzana (presidente della sezione cacciatori), Marino Bettoni, Luigi Berno (autista del furgoncino) e Pino Justi, con funzioni da cronista. A Cogne hanno già pronti due animali (una terza è morta nella notte, colpita da polmonite).
C'è una femmina di cinque anni, non gravida, ma che ha già partorito lo scorso anno; quest'animale ha ancora un dente da latte ed è stato catturato a quota 2800. L'altro è uno stupendo esemplare maschio, di razza crassa (tipica del Gran Paradiso). Ha sette anni, pesa 65 kg.; lunghezza del corno sinistro: cm 65: corno destro: cm: 67; divaricazione: cm. 37; circonferenza (alla base del trofeo): cm 24; catturato a quota 2000. Gli animali sono incappucciati ma liberi di respirare ed hanno le zampe legate da robuste cinghie. Gli stambecchi sono issati sul piccolo camion e via, verso Macugnaga e il Monte Rosa. Nel tardo pomeriggio, la piccola comitiva, giunge a Pecetto. Qui, Augusto Pala predispone una doppia catena umana che dovrà servire a convogliare gli animali nella giusta direzione. La femmina è portata a spalle per un breve tratto, poi è rilasciata. Finalmente libera, scatta veloce e punta verso destra da dove, un giovane volontario la dovrebbe far deviare. L'animale è deciso, il giovane pure... se la dà a gambe, tremendamente spaventato. La stambecca raggiunge una ripida cengia e sale in ogni modo verso l'alto.
Il maschio, considerata la sua mole, propone un problema diverso. Lo si adagia in un grosso telone, indi due robusti uomini, aiutandosi con una lunga stanga di legno, lo portano verso la parete rocciosa. Tolti cappuccio e cinghie, il superbo animale è nuovamente libero. Si scuote e, con tipica flemma, si dirige sicuro verso il punto stabilito dai cacciatori in accordo e sotto l'occhio vigile del guardiacaccia Giacomo Cocchini. Lo stambecco sale sopra ad uno strapiombante roccione poi volge lo sguardo all'insù e osserva questa nuova grandiosa montagna che costituirà per lui terra di conquista e tranquilla residenza.
Altri viaggi seguiranno fra cui alcuni da Ceresole Reale. La colonia macugnaghese è oramai una realtà consolidata e basta andare, in primavera, in fondo ai prati di Pecetto per poter osservare numerosi esemplari di stambecchi nati e cresciuti sulle nostre montagne, pronipoti di quelli portati dal Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Stambecco (capra ibex)
Lo stambecco (Capra ibex) é un ungulato legato agli ambienti d'alta quota. È un erbivoro con la capacità di utilizzare foraggi molto poveri, in prevalenza graminacee.
In inverno predilige i versanti molto ripidi e ben soleggiati, che si liberano presto dalla neve e lì trova l'erba olina (necc) che per lui è un eccellente nutrimento. Nel 1861 lo stambecco era ridotto a pochi esemplari concentrati nel massiccio del Gran Paradiso. La mancata estinzione è dovuta all'istituzione della Riserva Reale (1836) divenuta poi Parco Nazionale (1922).
Attualmente lo stambecco ha ripreso possesso della quasi totalità dell'arco alpino.
Foto di Massimo Cornaggia