Uomini di montagne diverse
Pochi giorni fa si spegneva Bruno Francia, un partigiano dello sparuto gruppo ossolano sempre più esiguo.Nato nel 1926, leva che, scampata la guerra al fronte, ha combattuto la guerriglia partigiana a difesa di un ideale che “li faceva sentire vivi e partecipi del loro tempo”
Il bando di Graziani lo vorrebbe nell’esercito di Salò ma il richiamo della clandestinità e il contatto con i compagni che mitiga l’azzardo della renitenza, lo porta ad aderire alle formazioni garibaldine maturando il senso della lotta. Una scelta e una prova delle tante del passato novecento.
Nel 1977 pubblica il libro “I Garibaldini nell’Ossola” lasciando ai posteri una testimonianza di sé e del periodo della resistenza su cui si fonda la Repubblica Italiana.Quanti ne sono rimasti di questi uomini e donne? Pochi. Meno di una decina in Ossola.
Coloro che hanno combattuto nei vari fronti europei, costretti dalla dittatura a spendere gli anni migliori della loro vita, alcuni a perderla, per appagare stoltezze politiche, quanti saranno? In alcune province non ne sono rimasti.
In un giorno di questo agosto passeggiando da turista per la piazzetta in salita di Frabosa Soprana nel Monregalese, m’imbatto in un signore mingherlino, dritto e asciutto come un fuso con un atteggiamento che reputo disponibile al colloquio. Scopro poi di parlare con un centenario reduce della ritirata di Russia che ha vissuto con il battaglione “Monte Cervino” il primo reparto alpino inviato in Russia.
Nella steppa conosce Mario Rigoni Stern autore di “Il sergente nella neve”, con cui fa “amicissia”. Giorgio, questo è il nome dell’alpino frabosano, viene poi catturato dai russi e imprigionato in Pakistan nei campi di cotone. L’amicizia con lo scrittore di Asiago non si esaurisce con la fine della guerra. Giorgio ricorda le sue visite e la gita alle grotte di Bossea in val Corsaglia. Uomini di montagne diverse avvicinati dalla guerra.
Giorgio Rulfi, alpino del battaglione sciatori Monte Cervino ad un certo punto della sua vita decide di pubblicare un libro, anche lui come il partigiano Bruno Francia. “Dalle Marittime agli Urali” è intitolato. Stampa mille copie in due edizioni. Lui ne conserva una copia, il Comune di Mondovì lo avrà in biblioteca. Ma Frabosa dë Dzora, a un passo dalle erbose creste di Prato Nevoso, custodisce la ricchezza di un alpino di cento anni che ricorda quei fatti “come se fosse ieri”.
E’ una delle ultime voci della seconda guerra mondiale. E’ la voce dei nostri soldati che non sono tornati.