Dario Migliorati e Santa Caterina della Ruota
La cronaca degli ultimi tempi si è occupata della sparizione di un’opera pittorica che c’era nella cappella Respini, appena sopra all’abitato di Piedimulera, lungo la provinciale per Macugnaga.
Dopo qualche tempo l’opera è tornata al suo posto, ma la curiosità ha portato alla ricerca dell’autore del quadro che, grazie alla cortese collaborazione di Laura Soletto abbiamo trovato a Vanzone ospite della locale RSA (Residenza Sanitaria Assistenziale).
Il nostro pittore
Il personaggio
Sempre grazie alla cortese e preziosa collaborazione di Laura Soletto abbiamo posto alcune domande a quello che anche per noi è diventato “Il nostro pittore”.
Dario Migliorati nasce a Domodossola, il 16 gennaio 1939.
Dopo aver svolto alcuni lavori, diventa sacrestano, a tempo pieno, presso la Collegiata San Gervasio e Protasio di Domodossola fino al pensionamento. Celibe. Si trasferisce a Crodo ma poi, per problemi di salute, sceglie Vanzone dove oggi tutti lo chiamiamo amorevolmente “Il nostro pittore”.
Quando hai fatto il famoso quadro e perché l'hai dato a don Severino Cantonetti?
«Non saprei chi ha fatto il mio nome a don Severino, ma un giorno arriva nella sacrestia della Collegiata e mi chiede un quadro di Santa Caterina d'Alessandria. Trovata un’adeguata tavoletta lignea ho predisposto quanto richiestomi. Don Severino s’è dimostrato contento del mio lavoro e nonostante che io non volessi nulla, mi ha dato 70.000 Lire. Non gli ho chiesto dove avrebbe posizionato quel quadro e solo dopo molti anni sono venuto a sapere che l’aveva fatto collocare in una cappella votiva lungo la strada della Valle Anzasca, ma io non sono mai andato a vedere né la cappella né il quadro».
Cosa ne pensi del furto del tuo quadro?
«Non so se sia stato un furto o un atto vandalico. Propendo per il furto perché se fosse stato un atto vandalico il quadro sarebbe andato distrutto, invece fortunatamente è ritornato al suo posto.
Il furto mi ha lasciato sconcertato ma poi mi ha fatto piacere il pentimento e la restituzione del maltolto.
È stato bello sapere che qualcuno fosse interessato ad un mio quadro.
Non sono un professionista. Ho sempre e solo dipinto per passione.
Amo la pittura, soprattutto quella del '600 e '700. Quella del Rinascimento, come il fiammingo Vermeer o come il Caravaggio (ma solo per i cesti di frutta); Raffaello e Pietro il Perugino per i volti. Amo molto anche Tiziano».
Come è nata questa passione? Hai avuto un maestro, un mentore?
«Ho cominciato a 20 anni, dipingendo il ritratto del mio capitano Aldo Canavesi. Con lui sono rimasto lungamente in contatto così mi ha confidato che il ritratto era esposto al centro della sua sala. Allora tanto brutto non era! Molti dei miei quadri li ho regalati ai miei adorati nipoti.
Non ho mai avuto un maestro. Sono un autodidatta che ha dato corso ad un’innata vocazione personale.
Avevo smesso di dipingere, ma da quando sono arrivato qui ho volentieri rimesso mano alla tavolozza e ai pennelli.
Sono afflitto dal morbo di Parkinson, fortunatamente il tremore è ancora lieve e così riesco a dipingere quasi incessantemente.
Purtroppo, a causa del coronavirus, siamo chiusi qui dentro. Ma i miei nipoti e le ragazze del personale riescono a farmi avere le tele e i colori.
Quando non dipingo, gioco a carte con gli altri ospiti della Rsa.
Qui mi trovo bene anche se mi hanno messo a stecchetto, però mi chiamano “Il nostro pittore”».