Moreno racconta l’autunno in Val Segnara
È arrivato l’autunno e la neve di ottobre ha imbiancato le cime della Ronda e del Capezzone giù fin’oltre i laghetti della Rossola. Le foglie morte, a frotte, si sono posate sui sentieri, sulle peste degli animali dell’ennesima transumanza. Anche Moreno e la sua famiglia hanno scaricato gli alpeggi di Lago e Camino alla fine di settembre con dodici mucche.
Inaspettato è arrivato il nubifragio di inizio ottobre e il vento ha divelto enormi abeti sul cammino alto tra Camino e Lago e sconnesso le passerelle e i ponti. Questa valle scomoda, misteriosa, che spinge le sue propaggini verso le valli Strona e Sesia, dal racconto di Moreno sembra vestirsi di un’inattesa dolcezza: “Un giorno sul pizzo Camino mia moglie stava pascolando le capre che, tranquille, brucavano le magre erbe di quelle quote. All’improvviso uno scarto repentino del gregge svelava la presenza di un lupo che si affacciava da un risalto di roccia. Le capre, allarmate, soffiavano percuotendo con le zampe il terreno. Lei sapeva di non muoversi anche se aveva il cuore in gola. Dopo qualche istante il lupo, memore dell’atavica paura dell’uomo, tornava sui suoi passi trotterellando. Se mia moglie non avesse sorvegliato il pascolo probabilmente avremmo perso qualche capo. Tutte le sere, a costo di percorrere ore di marcia, chiudiamo le capre nelle stalle e le liberiamo all’alba, così limitiamo le aggressioni che non abbiamo finora subito. È il nostro lavoro, non possiamo permetterci di abbandonare gli animali a se stessi. Un anno, poco distante dall’alpe Lago, abbiamo visto una lince arrampicata su un albero, ma è stata un’apparizione effimera che non si è più ripetuta. Le guardie forestali ci hanno spiegato che con l’insediamento del lupo, che è un competitore predominante, il felino abbandona l’areale”.
È pomeriggio inoltrato e Moreno racconta con le mucche che ora brucano sui pascoli dorati degli alpeggi Ogliago, e Patelli vicini alla stalla dello sverno. Giù in basso scorre impetuoso il Segnara prima di gettarsi con una cascata nell’Anza. In alto il vento spinge le sue folate ostinate, stormisce nel solco del torrente, s’incanala nei dirupi, insinuandosi nelle rocce crepate, solleva, fischiando, stormi di foglie e di rami e alla sera si accende presto la stufa. Chi è ancora nel bosco o sui sentieri, o nei prati a raccogliere funghi chiodini, sente l’odore del fumo domestico che, attraverso la brezza d’ottobre giunge dalle case lontane. “Sopra le nostre casere all’alpe Lago roteano sei aquile. Un anno, a giugno, per quattro sere consecutive ci hanno ghermito un capretto - racconta Moreno - Abbiamo detto alle guardie che sei rapaci in una zona così limitata ci sembrano troppe. Hanno allargato le braccia”.
La val Segnara, così frugale e rustica, appare oggi velata dalla caligine autunnale che le dona una veste sobria. Si prepara all’inverno e ad un nuovo e laborioso risveglio primaverile.