Il profumo del bosco bagnato
Emergenza acqua sulle nostre montagne.
Eppure non se ne parla, o non se ne parla abbastanza. La stagione invernale sta finendo e a dirla tutta non è nemmeno iniziata.
A Macugnaga ha nevicato il 4 dicembre in occasione dei mercatini di Natale, ma dopo praticamente più nulla.
I residui della nevicata rimasti per le gelate ora si stanno sciogliendo e lasceranno posto a terreni aridi e secchi.
Le temperature rialzate di questi giorni saranno complici degli scioglimenti delle ultime nevicate sopra i mille metri, perché nella bassa non è rimasto nulla.
Il caldo si avvicina di nuovo e promette di essere come quello appena passato, se non peggio.
E come ho già scritto in un articolo precedente la siccità ora è davvero importante e grave, la navigazione sul lago Maggiore è a rischio, come a rischio sono tutte le piante e la vegetazione che lo circonda.
Penso solo ai giardini di Villa Taranto alla fioritura dei tulipani alla quantità d’acqua che occorre per mantenere uno dei giardini più grandi e più belli d’Europa.
Ma cosa più importante o di stessa importanza, cominceranno a razionare l’acqua.
Allora penso a tutte le attività legate al consumo di acqua come bar, ristoranti, serre, terme e stabilimenti balneari, ma anche fabbriche; insomma ogni luogo di lavoro a rischio.
Ecco questo è il pensiero a cui dovremmo fare riferimento ogni giorno, invece sento solo commenti inerenti a quante belle giornate sta facendo.
Capisco che l’inverno e l’autunno per come li abbiamo sempre conosciuti non piacciano, che il freddo e il gelo non è per tutti e che pioggia e neve se non li ami creano disagi, ma qui si parla di una normalità alla
quale eravamo abituati. Il normale andamento delle stagioni, che da una decina di anni è stravolto.
Probabile sia la nuova tendenza, e che siamo noi a doverci abituare, perché la natura a mio avviso sa bene come muoversi.
Penso alle montagne, lì ferme immobili da secoli, ne avranno viste di stagioni e di ere alternarsi, perciò se sono ancora in piedi sanno bene come fare.
Il problema è nostro.
Sapremo abituarci ad una lunga lunghissima estate? Sapremo stare con scarse precipitazioni e vedere tutto intorno avanzare la desertificazione?
Non lo so, io che amo visceralmente il freddo e l’inverno sono già in sofferenza ora. Non mi immagino un clima come ai Caraibi.
Mi manca la neve, ma la pioggia è la vera assente, oltre al piacere che mi dà nel vederla, manca il suo apporto ad ogni cosa che vive e respira.
È un pò come abituarsi a lasciare andare quello che non possiamo più trattenere, farà sempre male, ma non ci possiamo opporre al normale scorrere delle cose.
Ogni funzione, stagione o meccanismo ha il suo logico funzionamento, non credo al cambiamento climatico in quanto mano dell’uomo che modifica le cose, la natura è qualcosa di troppo grande e perfetta per far sì che un essere così insignificante possa alterarne il funzionamento. Ci prova l’uomo, questo sì perché ha un ego smisurato e crede davvero di essere al di sopra di ogni cosa.
Ma, come fermamente credo le cose andranno come devono andare, che non si cambia la normale trasparenza che la natura ha sempre avuto nel muoversi, ma che si può trasformare e forse stiamo assistendo ad una trasformazione.
Accetto, anche se ho ancora bisogno di quelle giornate di pioggia scrosciante e intensa, dell’odore della pioggia sull’asfalto e del profumo di bosco bagnato.
Ho ancora bisogno che l’autunno stenda i tappeti di foglie colorate e che offuschi il sole con le nebbie.
Ho ancora bisogno delle nevicate copiose e silenziose e dei batuffoli di cotone che scendono leggeri a dirmi che la bellezza nel mondo esiste ancora.
Ne ho bisogno, ma se è così che deve andare, accetto.
Foto di Edoardo Ceriani
Foto di Aaron Burden