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Piedimulera, crocevia del Contrabbando

Andrea Delvescovo

Stefano Mura, una voce del documentario storico di Nicola Buffoni “Il contrabbando non è peccato
Il contrabbando è stato da sempre un’attività tipica delle zone di frontiera, l’Ossola non fa eccezione e in vari tempi e in varie modalità i valligiani si sono sempre dedicati a trasportare merci di vario genere attraverso il confine con la Svizzera.

Occorre ricordare che il contrabbando via montagna nasceva soprattutto dallo stato di necessità delle popolazioni che attraverso questa attività, sicuramente non lecita, riuscivano ad integrare i magri profitti di un’economia che era ancora molto povera e prevalentemente agricola. Era un mezzo per fare qualche soldo che non ha mai arricchito nessuno ma che permise a molte famiglie di rendere meno stentata la vita di allora. 

Ogni epoca ha avuto i suoi prodotti “faro” contrabbandati che variavano a seconda della differenza di prezzo e naturalmente dei dazi praticati al di qua e al di là della frontiera . Se ci limitiamo al periodo del secondo dopoguerra, i prodotti maggiormente contrabbandati erano tabacco, caffè, zucchero, saccarina, accendini, addirittura dadi da brodo, ma soprattutto sigarette. 
Non c’era soltanto il contrabbando in entrata, ma anche quello in uscita dallo Stato. Dall’Italia alla Svizzera  si esportava fraudolentemente un po' di tutto: riso, sale, calzature, pezzi di ricambio per biciclette, spille e forcine per capelli. Lo “spallone” vendeva questi prodotti in Svizzera e rientrava in Italia con la “bricolla” del peso di 30/40 chili contenente solitamente sigarette o caffè.

Al fine di contrastare questo crescente fenomeno contrabbandiero, negli anni cinquanta del secolo scorso, fu creato il Comando Gruppo di Frontiera della Guardia di Finanza con sede in Domodossola. La sua circoscrizione interessava il territorio compreso tra Macugnaga e Piaggio Valmara, fino a Verbania e Gravellona Toce. In pratica tutta l’Ossola con le valli adiacenti e l’alto Verbano. Il Gruppo di Domodossola, in quel periodo, aveva alle dipendenze, da ovest ad est, i seguenti reparti: Brigata di Macugnaga col Distaccamento estivo del Monte Moro, Brigata di Antronapiana, Brigata Volante di Villadossola, Compagnia e Tenenza di Domodossola, Brigata di Bognanco, Brigata di Iselle col Distaccamento permanente di Paglino, Brigata di Trasquera col Distaccamento di Bugliaga, Tenenza di Varzo col Distaccamento estivo dell’Alpe Veglia, Tenenza di Baceno col Distaccamento estivo dell’Alpe Devero, Brigata di San Rocco di Premia, Brigata di Formazza col Distaccamento estivo di Passo San Giacomo, Brigata di Montecrestese col Distaccamento estivo del Lago Matogno, Tenenza di Toceno, Brigata di Malesco col Distaccamento estivo del Sassone, Brigata di Ponte Ribellasca, Brigata di Spoccia, Brigata di Cavaglio San Donnino, Compagnia di Cannobio, Brigata di Ronco di Cannobio e Brigata di Piaggio Valmara. Cannobio era sede anche della Squadriglia Navale, anche se dipendente dal Comando Gruppo di Como, che aveva il compito di pattugliare le acque del Lago Maggiore. A perlustrare le strade, in seconda linea, provvedevano i Nuclei Mobili, precedentemente chiamate Volanti, di Domodossola e Cannobio.

Nonostante questa miriade di reparti schierati lungo la linea di confine, il contrabbando di sigarette proliferava senza soste ed i vari comandi, male equipaggiati e con poco personale a disposizione, potevano opporre soltanto un modesto contrasto al dilagante fenomeno. Come se non bastasse, le formazioni contrabbandiere si erano meglio organizzate munendosi di potenti autovetture per il trasporto delle merci dal punto d’incontro con gli spalloni a quello di smistamento.
Per cercare di dare una frenata al traffico illecito nel territorio interessato e a supportare i nuclei mobili di Domodossola e Cannobio, all’inizio del 1965 fu istituito il Comando Tenenza di Piedimulera, strategicamente posizionato alla confluenza, nei pressi del Ponte della Masone, delle  direttrici provenienti dalla Valle Anzasca, Valle Antrona, Val Bognanco, Val Divedro, Val Formazza e Val Vigezzo, oltre che avere sotto controllo, altresì, la deviazione per la provinciale che si dirama da Piedimulera, via Pieve Vergonte e Anzola, per confluire nuovamente sulla S/S 33 nei pressi di Ornavasso. 

La lotta quotidiana tra contrabbandieri  e  finanzieri, quindi,  si combatteva a colpi di bricolle colme di sigarette stipate in capienti autovetture denudate di tutti i sedili (ad eccezione di quello del guidatore) per fare spazio alla merce. Scheletri viaggianti, spesso con paraurti rinforzati, guidati da abilissimi autisti e con sole “bionde” a bordo, diretti dalla Val d’Ossola verso Milano, ma soprattutto in direzione di Novara e Torino. Nessuno voleva perdere il carico e  spesso gli inseguimenti, a rotta di collo, si concludevano con il fermo dei contrabbandieri, ma altrettanto sovente finivano ai margini di un bosco o su strade impossibili per le Alfa Romeo degli inseguitori.
E nemmeno il numero di targa era di aiuto perché i contrabbandieri si servivano di prestanome che nulla avevano da perdere nel regalare le proprie generalità, ma molto da raccontare a chi sapeva ascoltare.

Questa sorveglianza, attuata da militari in numero sempre minore e che variava continuamente nel tempo, portò a molti arresti e tantissime confische di t.l.e. (tabacchi lavorati esteri ).  Ma tra la fine degli anni 60 e l’inizio dei 70 la tratta delle “bionde” subì un drastico regresso durante il quale il fenomeno iniziò un lento e progressivo declino. Il fiume di denaro, in quel periodo, si è improvvisamente inaridito quando la lira ha cominciato a svalutarsi: nel 1970 un franco svizzero valeva circa 145 lire, nell’agosto del 1973 il cambio era salito a 190 lire, nel 1978 venne superata la soglia delle 500 lire. Comprare merci in Svizzera era diventato proibitivo e il contrabbando nella sua forma “classica” era ormai entrato a far parte dei libri di storia.

Stante questa situazione, dopo un anno trascorso a Spoccia, in Val Cannobina, io giungo a Piedimulera il primo giugno del 1971, ancora col grado di vicebrigadiere, alle dipendenze del S.Ten. Marcello Gentili, assegnandomi il comando del locale Nucleo Mobile.

L’immobile adibito a caserma, di proprietà di una società distributrice di gas metano, è ubicato alla periferia del paese sulla destra della Via Roma, allora ancora S/S nr. 549 di Macugnaga. L’edificio è composto, interamente al pianterreno, da un breve corridoio, o ingresso, che immette direttamente alla sala mensa, con adiacente locale cucina; il primo ambiente è destinato all’ufficio comando, quindi insistono due locali dormitori, uno per i sottufficiali e l’altro per i finanzieri o militari di truppa. Un unico locale servizi completa l’edificio col tetto piatto. Un ampio cortile esterno collega lo stabile ad un capannone per il ricovero dei mezzi di servizio: una Giulia Alfa Romeo, una Fiat Campagnola ed una moto Guzzi 500. Alcuni alberi di abeti e aceri ingentiliscono lo squallido piatto caseggiato.

La Tenenza di Piedimulera ha alle dipendenze le Brigate di Macugnaga ed Antronapiana, quindi le visite a quei reparti sono di ordinaria amministrazione. Come conseguenza anche il loro territorio rientra nella nostra giurisdizione, completata, questa, fino ai comuni di Gravellona Toce e Mergozzo a sud, nonché fino a Villadossola e Beura Cardezza a nord-est.

I compiti di servizio a noi demandati sono quelli classici del Nucleo Mobile: perlustrazione con appostamenti, sia occulti che palesi, su strada con pattuglie automontate su Giulia A.R. e/o Fiat Campagnola, talvolta coadiuvate da un ulteriore finanziere con la moto Guzzi 500. Frequenti, quindi, i soffermi in punti strategici delle rotabili in spiazzi atti al fermo ed al successivo controllo dei documenti degli occupanti e dell’ispezione dell’eventuale carico trasportato. Insomma, il tipico servizio di polizia stradale, non trascurando quindi le infrazioni al codice della strada! 
Il tempo libero dal servizio lo dedico alla scoperta di Piedimulera: il suo abitato sorge sulla sinistra del  torrente Anza che, dopo aver percorso la Valle Anzasca, si unisce al Fiume Toce nei pressi del Ponte della Masone. Anticamente era chiamata 'Pie' di mulera, cioè ai piedi della mulattiera che conduce in Val Anzasca, fino a Macugnaga. Composto da una quindicina di frazioni, Piedimulera era già nota in epoca medioevale, testimoniata dalle due chiese principali, la Parrocchiale dedicata ai Santi Giorgio e Antonio Abate, in centro paese, e quella di Cimamulera intitolata anche questa a Sant’Antonio Abate.
La vita dei suoi abitanti, 1500 circa, converge principalmente nel centro storico del borgo, dove spicca il Palazzo Testoni il cui principale elemento costruttivo originario è un forte torrione a pianta quadrata, edificato nel 1595 ad opera di Desiderio Ferrerio probabilmente allo scopo di controllare la mulattiera che conduceva in Valle Anzasca. Altra torre d’interesse storico è presente nella frazione di Cimamulera: in questo caso ci troviamo di fronte ad un ampio complesso difensivo, costituito da torri di segnalazione di epoca romana, presenti, ben conservate, in varie parti dell’Ossola. Negli anni ottanta del secolo scorso la torre è stata trasformata in abitazione civile. 

Il suo cittadino più illustre è decisamente Giorgio Spezia, ingegnere e mineralogista, famoso, oltre che come patriota, per aver scoperto un procedimento per produrre quarzo sintetico.Numerosa, tra la popolazione locale, la presenza di comunità di origine meridionale, soprattutto provenienti dalla Calabria e dalla Sardegna, ben integratesi tra il tessuto sociale ambientale. La loro presenza è sicuramente da attribuire alla grande richiesta di mano d’opera proveniente dalle miniere d’oro della Valle Anzasca prima e dalle industrie chimiche di Pieve Vergonte poi.
I punti di ritrovo e di aggregazione in paese sono molteplici ma io propendo per il Bar Stazione, sito nei pressi, appunto, della stazione ferroviaria, gestito dal Sig. Conti e dalla moglie Sig.ra Erminia Grattaroli.

Il mio carattere aperto mi consente di socializzare subito con le persone del posto: diversi quindi i rapporti di amicizia che stringo, non dimenticando e non trascurando comunque i miei compiti derivanti dalla mia appartenenza alla Guardia di Finanza. Citarli tutti rischierei di dimenticarne qualcuno, ma due ragazzi, giovani universitari, non posso farne a meno di ricordarli: Ugo Lana e Giuliano Medici. Entrambi formatisi come validi dentisti sono stati accomunati da un tragico destino: meno di cinquant’anni dopo tutt’e due, nel giro di pochi anni di distanza uno dall’altro, sono stati stroncati da mali incurabili!
I turni di servizio su strada si susseguono con monotonia senza conseguire importanti risultati. Non spesso, ma saltuariamente si eseguono pure perlustrazioni anticontrabbando nelle montagne della Valle Anzasca. In una di queste escursioni, infatti, ottengo il mio primo fermo di bricolle. Con una pattuglia da me comandata  sto battendo i boschi nei pressi dell’abitato di Molini, nel Comune di Calasca Castiglione. Sono le ore 22.00 circa ed è buio fitto quando udiamo un leggero calpestio ed il rumore di qualche ramo secco spezzato.

Accendiamo le torce elettriche ed è subito un fuggire disordinato e precipitoso di un gruppo imprecisato di persone. Inutile inseguirle, il terreno scosceso e fortemente accidentato potrebbe costarci caro. Quelle persone, però, hanno abbandonato il loro carico: tre bricolle di sigarette per un peso complessivo inferiore ai cento chili. Erano solo in tre? Non lo sapremo mai, ma la soddisfazione per il sequestro effettuato non è poca!
Il risultato conseguito è servito a galvanizzarci ed avere più fiducia nei nostri mezzi. Infatti, passano pochi giorni e riusciamo ad intercettare, nei pressi di Premosello, una Fiat 600 con un carico di 52,00 kg. di sigarette.
Poi più nulla: il traffico delle “bionde” sembra impoverirsi sempre più; molto scarsi i risultati di servizio anche negli altri reparti delle valli ossolane. E neanche la pressante azione informativa riesce a dare effetti concreti.

Inoltre la mancanza di continuità da parte mia nell’azione di servizio nel territorio di nostra competenza non giova certamente ad ottenere frutti efficaci: infatti, sono spesso con la valigia in mano per effettuare temporanei trasferimenti per sostituire i vari comandanti delle Brigate ossolane che debbono assentarsi per fruire le loro ferie o per altri motivi vari. Nel periodo 1971/73 mi sposto per brevi intervallati periodi ad Antronapiana, Bognanco, Iselle, Varzo, Trasquera, Formazza, Piaggio Valmara e naturalmente Macugnaga. 

Intanto nel 1972 il Ten. Gentile viene sostituito dal S. Ten. Francesco Ronci, appena uscito dall’accademia. Questi è subito pressato dai superiori comandi, soprattutto dal Cap. Aurelio Ursomando, comandante la Compagnia di Domodossola dalla quale dipende la Tenenza di Piedimulera, per cercare di ottenere un pur minimo risultato di servizio. Il Sottotenente Ronci sembra molto sicuro di sé e vista l’incapacità del Nucleo Mobile di raggiungere qualche risultato, ci impone i turni e gli itinerari di servizio da effettuare nel territorio. La situazione va avanti così per un paio di mesi ma invano! Fintanto che l’ufficiale, frustrato e deluso, non mi convoca e chiedendomi scusa mi ridà i pieni poteri del Nucleo Mobile. Lo stesso giorno, l’11 luglio del 1972, riunisco i miei dipendenti e di comune accordo programmiamo un turno di servizio occulto con appostamento. Le targhe G. di F. della Giulia Alfa Romeo vengono sostituite con le targhe di copertura e i componenti la pattuglia, io e tre finanzieri: il Fin. alfista Cantasano-Martino ed i Finn. D’Aprile e Longo,  vestiamo gli abiti borghesi. Opto per la zona di Cuzzago: predispongo la Giulia in attesa davanti alla stazione ferroviaria di quella località, a poco più di cento metri dalla statale nr. 33, e dirottando il Fin. D’Aprile con la radio portatile in appostamento su una cengia della parete rocciosa, nei pressi di una cappelletta votiva, sovrastante la parte opposta della medesima statale. D’Aprile controlla agevolmente il traffico automobilistico che scorre sotto di sé e noi, con la radio di bordo accesa, restiamo in attesa di notizie. Passano una quarantina di minuti e la radio comincia a gracchiare: è D’Aprile con voce trafelata ed eccitata ci comunica: “Una Giulia Alfa Romeo gialla con l’interno un carico ricoperto da un plaid…”. Pochi secondi e la nostra Giulia parte a razzo sgommando. Giunti sulla statale ci dirigiamo verso sud, ma fatte poche decine di metri troviamo il traffico bloccato con le macchine in fila all’altezza del bivio di Cuzzago. Viene azionata la sirena per ottenere strada e subito dopo una macchina gialla si stacca dalla fila e sorpassando tutti s’infila sulla direttrice verso Mergozzo. 

La superstrada della Voltri/Sempione non esiste ancora, di conseguenza tutto il traffico è gravato sulla S/S 33 la quale, all’altezza di questo bivio, piega verso destra, supera il sottopasso della ferrovia Domodossola-Milano trovandosi, subito dopo, al cospetto del passaggio a livello dell’altra ferrovia Domodossola-Novara. Le sbarre del passaggio a livello sono ovviamente abbassate causando, di conseguenza, l’enorme ingorgo.

L’innesto della deviazione per Mergozzo suddivide le corsie di marcia con dei cordoli di cemento e l’imbocco per questa strada è ostacolato dalle macchine in attesa, mentre è libera la sola corsia in senso contrario. Con la nostra Giulia ferma davanti a questa prospettiva, l’autista mi chiede: “Che faccio…?” Non ci penso due volte e rispondo subito: “Prendi la corsia a sinistra!”.  L’ auto parte a razzo con la sirena spiegata: se avessimo incontrato un’altra auto che provenisse in senso contrario sarebbe finita in tragedia. Ma la buona sorte era dalla nostra parte e tutto è finito bene in pochi secondi. Mi sarebbe comunque piaciuto sapere i commenti delle persone che avevano assistito a tutta la scena!

Raggiunto il rettilineo di Nibbio intravediamo in lontananza il nostro obiettivo e ci sentiamo galvanizzati. Dopo Nibbio la strada curva a destra verso Albo e perdiamo di vista l’auto inseguita. Raggiungiamo il secondo rettilineo e ci rendiamo conto che abbiamo recuperato parecchio terreno: l’auto adesso è più visibile ma mi rendo subito conto che il mezzo che noi inseguiamo e di un colore diverso da quello segnalatoci. “Non è lui…” grido “… torna indietro!”.
Cantasano-Martino, l’alfista, non batte ciglio ed è un provetto autista: con due veloci manovre inverte la marcia dando il massimo del gas sfrecciando nella direzione opposta. Consiglio di rallentare e controllando attentamente eventuali vie di fuga laterali raggiungiamo nuovamente la curva tra i due rettilinei. In quel punto, sulla sinistra, vi è un largo spiazzo sterrato  con un’osteria. All’esterno alcuni uomini sono seduti ad un tavolo sorseggiando un bicchiere di vino. Consiglio di dirigerci in quello spiazzo fin dove comincia il bosco. L’intuizione è giusta: l’auto inseguita è al limitare del bosco, abbandonata e con le chiavi nel cruscotto; solleviamo il plaid che copre il carico e… è stracarica di stecche di sigarette! Del conducente, però, neppure l’ombra. Potrebbe essere tra quelli seduti all’osteria che, intanto, hanno seguito tutta la scena, ma ritengo comunque una perdita di tempo interpellarli.

Il Fin. Longo si mette alla guida dell’auto contrabbandiera e riprendiamo la via del ritorno. A Cuzzago recuperiamo D’Aprile e rientriamo a Piedimulera tutti trionfanti ed euforici. In caserma quantifichiamo il carico: kg. 91,500 di sigarette; non poche considerato il vento che tira! E, nel portabagagli, rinveniamo pure le targhe originali dell’automezzo, in pratica la Giulia viaggiava con applicate delle targhe false.

Al comandante della Tenenza racconto tutta l’azione di servizio  intrapresa, senza trascurare alcun dettaglio. Il S. Ten. Ronci ascolta affascinato il rapporto di servizio come se stesse vivendo la scena di un film. Alla fine dell’esposizione dei fatti, l’ufficiale, pur congratulandosi con noi tutti, mi dice: “Mura, devo fregarti questo risultato di servizio…”. D’altra parte, per lui è il primo sequestro di t.l.e. dopo l’uscita dall’accademia e posso capire le sue ambizioni. Con un misto di delusione e soddisfazione personale, lo fisso negli occhi e dico: “Faccia lei…!”, prendendosi così tutto il merito del fermo di sigarette! Contemporaneamente a me torna subito in mente il momento cruciale di quell’operazione, quando dovevo decidere cosa fare quando eravamo bloccati al bivio di Cuzzago: le gambe mi tremano ma con sollievo mi rendo conto di essere ancora vivo; è fuor di dubbio che la mia buona stella mi ha protetto ancora una volta!

Tra un trasferimento temporaneo e l’altro passa anche questa estate. Fra questi movimenti il 4 settembre 1972 mi reco anche a Macugnaga ad assumere per la prima volta il comando di quella Brigata. In tre settimane di permanenza in questa località ho occasione di fare nuove conoscenze e stringere qualche altra amicizia.

E’ una notte brumosa di novembre inoltrato e stiamo facendo un giro di perlustrazione lungo la strada provinciale di Pieve Vergonte- Anzola. In giro non si vede anima viva, pure l’attraversamento dei vari centri abitati appare deserto. Giunti ad Anzola la situazione della visibilità comincia a farsi preoccupante. L’alfista cerca di seguire lentamente le strisce bianche che delimitano la carreggiata per non uscire fuori di strada, ma giunto nel tratto tra Anzola e Migiandone è costretto a fermarsi: non si vede più nulla, davanti a noi abbiamo un muro bianco e tetro! Nessuno osa parlare. Scendo dall’auto e mi piazzo davanti ai fari: a malapena scorgo le mie scarpe! Consiglio di seguirmi mentre proseguo a piedi seguendo la linea di mezzeria scarsamente visibile con i fari dell’auto. Fortunatamente non viene nessuno in senso contrario ma il disagio interiore non è poco. Dopo qualche centinaio di metri percorsi in quella condizione la situazione migliora un po' fino ad avere una ventina di metri di discreta visibilità. Decido di rientrare in sede percorrendo, però, la strada di Premosello – Vogogna; non aveva più senso proseguire in quella situazione.

Dopo due anni, il primo giugno del 1973, finisce la mia esperienza a Piedimulera e vengo trasferito alla Compagnia di Verbania, neo costituita. Il bilancio di quell’avventura posso definirlo tutto sommato positivo.  Anche il rapporto con la gente del posto e con quella della Valle Anzasca non si è mai interrotto, tanto che per ancora diversi anni ho continuato a servirmi dei servizi del barbiere locale. Anche con Macugnaga, dove ho imparato anche a sciare, il legame si è mantenuto nel tempo solido, tanto che il 17 luglio 1976, dopo essermi sposato a Varzo con una ragazza del posto, il pranzo di nozze è stato consumato al ristorante dell’Alpe Bill, come incomparabile vista, da quel balcone naturale, il magnifico scenario del Monte Rosa. In quell’occasione una mia cara amica ci fece la gradita sorpresa d’invitare il Coro Monte Rosa di Macugnaga e, al taglio della torta nunziale, cantare per noi.

Alla Brigata di Macugnaga, comunque, tornai ad assumere ancora quel comando per altre due volte nel marzo del 1978 e tra giugno e luglio del 1979, consolidando così il mio rapporto con la Valle Anzasca.

Tornando al discorso sul contrabbando penso che, tolti i grandi sequestri di sigarette effettuati su TIR e vagoni ferroviari effettuati tra il 1975 ed il 1980, il risultato da me ottenuto nel luglio del 1972 è senza dubbio da annoverare tra gli ultimi servizi anticontrabbando effettuati in Ossola. La figura dello spallone stava ormai scomparendo, ridotta ormai ad un nostalgico ricordo. Anche la Tenenza di Piedimulera non aveva più senso di esistere e nel 1975 fu soppressa.

Ma perché finì il contrabbando? Perché con l’aumento della quotazione del franco svizzero, cessò la convenienza del comprare e rivendere; perché era più facile trovare altri tipi di lavoro meno rischiosi e con guadagni più regolari; perché era terminata un’epoca ed il cambiamento sopraggiunto non era più dettato dalla necessità di viaggiare per poter immettere sul mercato merci altrimenti di difficile reperibilità e utili alla vita di tutti i giorni, ma era dettata dalla voglia di fare quanti più soldi possibile nel minor tempo possibile. Mi ha particolarmente colpito la risposta data ad Erminio Ferrari da uno dei protagonisti di un suo libro: “… non volevo accettare di dover andare in giro con la rivoltella in tasca e diventare un ladro o un assassino….”.  Parole confermate da un altro personaggio del libro che afferma: “…..Ho piantato lì quando il contrabbando è finito in mano alla delinquenza. Non c’era più bisogno di farlo, c’era solo la brama dei soldi facili…”

L'epopea del contrabbando, in pratica,  è stata offuscata dalla progressiva trasformazione del fenomeno, con un'accentuazione dei tratti delinquenziali e la rimozione del radicamento sociale. Al giorno d'oggi, le cronache giudiziarie sul contrabbando riferiscono su vicende di riciclaggio di fiumi di denaro provenienti da ambienti del crimine organizzato. Ma questa è tutt'altra storia. Materia per i tribunali penali.

Testo di Stefano Mura

Il Rosa, il giornale di Macugnaga e della Valle Anzasca

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