Due “vecchi partigiani” d’Anzasca: Bruno Francia e Dante Hor
Nella giornata del 25 aprile, di questo anomalo 2020 condizionato dall’emergenza coronavirus, vogliamo ricordare due figure d’Anzasca che hanno legato il loro nome alla Resistenza e quindi alla nostra libertà: Bruno Francia e Dante Hor.
Bruno Francia di Cimamulera.
È Marco Sonzogni che incontra Bruno Francia, il partigiano Russo, uno degli ultimi in Ossola.
Bruno abita in località Colletto di Cimamulera dove vive da 94 anni. È l’autore del libro “Garibaldini nell’Ossola”, oramai introvabile, pubblicato nel 1977. “I miei ricordi sono troppo lontani nel tempo per essere descritti con efficacia. All’inizio del 1944 – racconta – una trentina di garibaldini presidiano la Colma di Castiglione e il vicino l’alpe Prei di Viganella. Altri 15 o 20 occupano la valle Anzasca. Ben presto i distaccamenti Torino e Camasco, accantonati tra Anzasca e Antrona, diventati battaglioni, si uniscono formando la Brigata Comoli” Nel suo libro spiega: “Dovevamo molto agli abitanti di quelle piccole frazioni sperdute sulla montagna dove non arrivava nemmeno la luce elettrica. Una scodella di castagne secche, una tazza di latte con pane di segale, un bicchiere di vino, tutto quanto avevano ci veniva offerto”. “Io calzavo un paio di scarpe inglesi di qualche numero abbondanti, che portai fino alla fine”. Bruno si passa le mani sul viso. “Sono ricordi lontani” dice “tante volte tornano e bruciano, ma quello che abbiamo fatto ha contribuito a ricostruire un paese libero e democratico. Il compito delle nuove generazioni è di mantenerlo tale”.
Dante Hor di Bannio (1926 – 2017)
La figura di Dante Hor resta legata al salvataggio del tunnel ferroviario del Sempione. Le cronache del tempo raccontano: “Nella notte fra il 21 e il 22 aprile 1945, nei pressi della stazione ferroviaria di Varzo, un’ardita azione dei partigiani, grazie alla collaborazione con i servizi segreti elvetici, riuscì a salvare il tunnel ferroviario del Sempione. Negli ultimi giorni di guerra i comandi tedeschi avevano previsto la distruzione della galleria del Sempione. Al casello ferroviario 12 di Varzo erano depositate una trentina di tonnellate di tritolo mentre i genieri ferroviari tedeschi gli “Eisenbahn Pioniere” lavoravano intensamente per predisporre la distruzione del tunnel e bloccare così i transiti ferroviari sotto le Alpi e quindi verso l’Europa. Vento e pioggia quella notte, ma alle ore 00.00 del 22 aprile 1945 uomini della “Garibaldi” catturarono e disarmarono le sentinelle di guardia al casello n° 12, poi la “Volante Alpina” agli ordini del comandante Mirko (Ugo Scrittori) trasportò con 25 uomini l’esplosivo (1500 casse) sul greto del torrente Diveria, lungo i binari e nei prati ed infine, allontanati i partigiani e rimasti sul posto Mirko e altri tre alle ore 04.30 venne dato fuoco al tritolo.
Dante Hor, l’ultimo sopravvissuto di quell’operazione, ricordava: “Era notte ma si camminava come se ci fosse il sole… tutto quel tritolo che bruciava illuminava a giorno la valle”.
L’intervento della “Volante Alpina” salvò il tunnel del Sempione e la transitabilità sulla linea ferroviaria internazionale. Non ci furono vittime né fra i militari né fra i civili. Nessun danno al paese di Varzo e non fu necessario l’intervento dell’aviazione degli alleati per un possibile bombardamento aereo del casello 12 che avrebbe potuto portare gravi danni collaterali all’intera val Divedro.
Ricordiamo con orgoglio di gente di montagna e di Valle Anzasca, i due “vecchi partigiani” che hanno contribuito a costruire la nostra Italia, libera e repubblicana.