Il tempo della Buzza
La primavera e l’autunno sono ricordate, nella memoria storica della nostra gente, come “il tempo della buzza”.
Le buzze sono le periodiche esondazioni dei torrenti di montagna e del fiume Toce dopo piogge prolungate che, nel clima continentale alpino, si verificavano in aprile-maggio e ottobre-novembre, a differenza del clima mediterraneo dove piove in inverno ed è siccità in estate.
Le buzze erano solitamente provocate da piogge intense e battenti in breve periodo di tempo che spaccavano il terreno e sradicavano alberi; così le recenti del 1978, 1987 e 1993.
L’alluvione del 2000 è stato riconosciuto sia stata un’alluvione di “nuova generazione”: piogge di tipo monsonico abbondanti e prolungate per più giorni (oltre 600 mm in tre giorni come un anno in pianura padana). L’alluvione del 2020 pare ritorni ai parametri del passato: 600 mm in 24 ore. Una giornata d’acqua ci ha rivelato nuove fragilità sia nel territorio (che va curato con attenti interventi di pulizia degli alvei e cura dei boschi e non con l’unica medicina del cemento armato) sia nelle politiche urbanistiche (dove e come costruire abitazioni ed edifici civili).
I climatologi riconoscono come i cambiamenti si manifestino con tre variabili correlate: il riscaldamento globale, lo scioglimento dei ghiacci e la frequenza di eventi meteorologici estremi. Proprio a questi ultimi si fa riferimento per tentare di spiegare l’ultima alluvione che ha investito le Alpi occidentali, come due anni fa la tempesta “Vaia” ha colpito le Dolomiti e le Prealpi Venete.